Occorre ricordare che (accertamento di imposte sui redditi) nel D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, la regola è che l’onere di provare le ragioni della pretesa è dell’Amministrazione Finanziaria.
Quindi se l’Ufficio procede all’emissione di un avviso di accertamento a rettifica di una dichiarazione dei redditi presentata, perché ritiene che il reddito dichiarato sia inferiore a quello presunto- effettivo, deve dimostrare adeguatamente i motivi su cui si basa la maggior pretesa fiscale, anche attraverso presunzioni semplici, ma a condizione che siano gravi, precise e concordanti.
Questa è la regola, ma in ambito Redditometro, nei commi 4 e seguenti dell’articolo 38 del D.P.D.600/1973, viene introdotta una importante deroga che solleva l’amministrazione finanziaria dall’onere di dimostrare la pretesa, e chiama il contribuente a dimostrare o chiarire i motivi dello scostamento del reddito dichiarato rispetto a quello calcolato sinteticamente con l’ausilio delle tabelle e dei coefficienti del Redditometro. In particolare è previsto che il contribuente, anche prima della notificazione dell’accertamento, potrà, ma in realtà dovrá, dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta, o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta oppure con redditi esenti e cioè:
(1) il possesso di redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo di imposta;
(2) il possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
(3) il possesso di redditi che non concorrono alla formazione del reddito imponibile;
(4) il ricorso a forme di finanziamento bancario;
(5) il possesso di somme derivanti da donazioni, successioni ereditarie, vincite etc…;
(6) disinvestimenti patrimoniali;
(7) donazioni di denaro provenienti dai familiari;
(8) indennizzi e somme riscosse fuori dall’esercizio dell’impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale;
(9) redditi posseduti dagli altri membri del nucleo familiare;
(10) redditi comunque e legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
In caso contrario si trova di fronte ad un atto di accertamento che esplica piena efficacia sotto il profilo dell’esigibilità delle imposte e relativi interessi e sanzioni in esso contenuti, salva la possibilità di ricorrere alla Commissione Tributaria competente.
Non è sufficiente il semplice scostamento per consentire l’operatività dell’accertamento sintetico, ma è necessario che faccia emergere un reddito superiore di un quinto a quello dichiarato.
C'è cioè una specie di "franchigia fiscale" che consente al contribuente di rimanere escluso dell’applicazione dell’accertamento qualora la differenza rimanga all’interno di tale soglia di tolleranza.
Il Redditometro è da venti anni lo strumento della discordia nei rapporti fisco-contribuente ma che bisogna affrontare e gestire in sede amministrativa, nel contraddittorio, nel tentativo di accordo mediante l’istituto dell’accertamento con adesione, oppure in quella processuale attraverso il contenzioso tributario che in molti casi è l'unica strada per tentare di dimostrare l’irragionevolezza di uno strumento accertativo molto sbrigativo nella sostanza, applicato in maniera meccanica sui contribuenti con risultati spesso contraddittori.
Molti ricorderanno gli effetti del primo redditometro che, per il solo possesso di un auto con molti cavalli fiscali, faceva scattare risultati reddituali rilevanti, anche se l’auto era di valore esiguo perché molto vecchia, trascurando anche l’intensitá dell’utilizzo e le spese effettivamente sostenute.
Ci sono anche state diversità di valutazione tra i diversi Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, ma anche tra Funzionari dello stesso Ufficio.
Il legislatore poi è intervenuto col D.L. 78/2010 per l’adeguamento dello strumento accertativo apportando profonde modifiche, superando il concetto di possesso di beni, ma concentrandosi sul sostenimento di spese, introducendo l’obbligo del contraddittorio preventivo col contribuente prima dell’emissione dell’avviso di accertamento.
Nel nuovo Redditometro, come ho già spiegato nel mio articolo del 18.01.2013 (ricordo anche quello del 22.11.2012) viene introdotto il concetto di famiglia fiscale, che invece nel precedente redditometro poteva essere eccepita dal contribuente in sede amministrativa o contenziosa a giustificazione del maggior reddito o comunque della provvista economica necessaria a sopravvivere in vigenza di un reddito dichiarato insufficiente, oppure a sostenere le spese per il beni posseduti in vigenza di un reddito insufficiente a coprire tali spese.
Ma sul nuovo Reddittometro c'è già la sentenza di un Tribunale che lo smonta. Una sentenza che in parte può essere utile per difendersi anche dal vecchio Redditometro.
Infatti un giudice civile ha ordinato all'Agenzia delle Entrate «di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza o utilizzo dei dati», di «cessarla se iniziata», e di «distruggere tutti i relativi archivi» se già formati.
È un Giudice del Tribunale civile di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli.
Il Giudice Antonio Lepre ha accolto in 9 pagine un ricorso dell'avvocato Roberto Buonanno per un contribuente che non voleva che «l'Agenzia venisse a conoscenza di ogni singolo aspetto della propria vita privata». Inquadrato l'intervento nella tutela dei «diritti fondamentali della persona» nella Costituzione e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, il Giudice è passato a valutare se il nuovo sistema di coefficienti, che trasforma le spese in reddito attraverso dati certi provenienti dall'anagrafe tributaria e stime messe a punto dall'Istat, soddisfi il principio di proporzionalità che vieta alla Pubblica amministrazione di sacrificare la sfera giuridica dei privati se non in casi di assoluta eccezionalità, in presenza di circostanze specifiche, per il raggiungimento dell'interesse generale.
La risposta del Giudice Lepre è negativa.
Ad avviso del Giudice il Redditometro «è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo» perché «fuori dalla legalità costituzionale e comunitaria» in quanto «non individua categorie di contribuenti ma altro, sottoponendo a controllo anche le spese riferibili a soggetti diversi per il solo fatto di essere appartenenti al medesimo nucleo familiare».
Inoltre «non fa alcuna differenziazione tra "cluster" (gruppi omogenei) di contribuenti, ma opera una distinzione familiare di tipologie suddivise per cinque aree geografiche, ricollocando all'interno di ciascuna figure di contribuenti del tutto differenti tra loro».
Il nuovo Redditometro utilizza poi come parametro delle spese medie delle famiglie l'attività dell'Istat, «che nulla ha a che vedere con la specificità della materia tributaria» ed «è nata per tutt'altri fini».
Viola il diritto di difesa in quanto rende impossibile fornire la prova di aver speso meno di quanto risultante dalla media Istat, giacché «non si vede come si possa provare ciò che non si è comprato o non si è fatto».
Infine «il diritto del contribuente al contraddittorio» è «in gran parte svuotato di effettività» perché, in un procedimento «eminentemente inquisitorio e sanzionatorio, il contribuente e l'Agenzia delle Entrate si trovano in posizione di fortissima asimmetria»: un po' perché «l'Agenzia è anche socia della società di riscossione forzata (Equitalia)», e un po' perché «è in conflitto di interessi, essendo normalmente vincolata al raggiungimento di obiettivi (Budget) di evasione da recuperare e dunque avendo filologicamente interesse alla conferma della propria ipotesi».
Insomma è fisiologico che i Funzionari degli uffici Fiscali cerchino di "fare cassa" utilizzando metodi e calcoli anche se portano a risultati illogici.
Ma se il nuovo Redditometro è già da “rottamare” il vecchio redditometro “perde pezzi” perché sono sempre più le Commissioni Tributarie che annullano gli accertamenti che si basano sul vecchio strumento in quanto ritenuto inattendibile e inaffidabile a causa della coefficientazione delle spese e per la pretesa non fondata da parte degli Uffici di richiedere la correlazione diretta tra le disponibilità esistenti in capo al contribuente e le spese sostenute.
Contrariamente a quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate, opporre (durante i contraddittori o nei ricorsi) i risultati del nuovo Redditometro ove più favorevoli, rappresenterà una difesa efficace contro la presunzione del vecchio redditometro.
È questa la situazione degli accertamenti che sono in discussione di fronte alle Commissioni Tributarie e che si basano, per i periodi di imposta degli anni 2007 e 2008, sia sulle disposizioni del vecchio articolo 38 del dpr n. 600/73 che sul decreto Formica del settembre 1992.
Negli ultimi giorni ci sono state diverse decisioni (Reggio Emilia e Torino) in base alle quali emerge che, nella maggior parte dei casi, l'accertamento che si fonda sul vecchio redditometro è del tutto insostenibile.
La struttura del vecchio redditometro utilizza in gran parte la coefficientazione (introdotta dal Ministro Goria nel novembre 1992) di alcuni beni indice di capacità contributiva che teoricamente dovrebbero rappresentare la spesa di gestione sostenuta dal contribuente per mantenere ogni anno gli stessi.
In altri termini, viene identificato un reddito che il contribuente dovrebbe guadagnare al fine di sostenere le suddette spese di gestione di un determinato bene che viene in modo del tutto apodittico coefficientato, senza tenere conto che negli ultimi anni il quadro economico è molto cambiato a causa della crisi.
A questo viene aggiunta la quota di spesa corrente e la quota di incrementi patrimoniali.
Il risultato che si ottiene è quasi sempre assurdo.
Per esempio nel caso di acquisto di una casa si dovrebbero dichiarare, secondo i coefficienti, un reddito di quattro o cinque volte superiore a un risultato già amplificato per effetto dei coefficienti stessi.
I giudici stanno affermando un concetto del tutto logico: se il nuovo redditometro è affidabile come dice l'agenzia, il suo risultato, laddove migliore del risultato del vecchio può essere un utile prova contraria. Facciamo un esempio: se ho speso 10 mila euro per una Colf nel 2008, secondo il vecchio redditometro dovrei guadagnare dieci volte di più, cioè 100.000 euro, mentre, la stessa spesa per il nuovo Redditometro pesa per 10 mila euro senza alcuna moltiplicazione.
Nelle decisioni sta emergendo l’assenza nella vecchia norma, di una qualsiasi necessità di dimostrare un nesso diretto tra la spesa sostenuta dal contribuente e le presunzioni previste dalla legge.
Cioè, dimostrata la disponibilità di beni per l'anno oggetto di accertamento, si pretende che vi sia un nesso diretto tra questa disponibilità e le diverse tipologie di spese; una pretesa assurda che si trova nel vecchio articolo 38 del DPR 600/73, che disciplina le due tipologie di accertamento: l’accertamento sintetico di tipo analitico e l’accertamento sintetico di tipo induttivo “redditometro”.
Il primo "accertamento sintetico puro" mette a confronto il reddito dichiarato con le spese sostenute, il secondo "redditometro" mira a determinare il reddito presunto utilizzando una serie di indici di capacità contributiva.
Infine va detto che è irrazionale e incomprensibile, il comportamento di alcuni Uffici che non accettano il fatto che un contribuente potrebbe avere accumulato, diversi anni prima dell'accertamento una sostanziosa disponibilità economica.
Un caso (di Biblica memoria) molto diffuso, specie durante una fase congiunturale negativa, che consente al contribuente negli anni successivi a quelli delle “Vacche Grasse”di spendere, senza necessariamente produrre un reddito nel periodo di “Vacche Magre”.
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