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Il mio Blog

Rottamazione quater

Presso l’Agenzia delle Entrate Riscossione ex Equitalia tramite un commercialista abilitato sarà possibile ottenere i carichi definibili ai fini della Legge n. 197/2022.

Come Commercialista potrò aiutarTi a manifestare o meno la volontà di procedere alla Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”), presentando, entro il 30 aprile 2023, apposita dichiarazione di adesione, con le modalità, esclusivamente telematiche, definite da Agenzia delle entrate-Riscossione.

Sarà anche da verificare per quali pendenze sarà possibile chiedere lo sgravio, l’autotutela, ricorsi o altro per le Cartelle per le quali sussistono i requisiti e quant’altro per le cartelle che sono decadute, perente o prescritte.

Per sveltire il lavoro dovrai consegnare consegnare a scelta le credenziali SPID oppure CIE o Carta Nazionale dei Servizi o Tessera Sanitaria abilitata con i codici di accesso.

Le cartelle pe le quali si intende beneficiare delle misure introdotte dalla Definizione agevolata, potranno essere pagate in una unica soluzione o a rate e le modalità di pagamento saranno scelte tra le seguenti:

  • Sito istituzionale;

  • App EquiClick;

  • Domiciliazione sul conto corrente;

  • Moduli di pagamento utilizzabili nei circuiti di pagamento di:

  • sportelli bancari;

  • uffici postali;

  • home banking;

  • ricevitorie e tabaccai;

  • sportelli bancomat (ATM) che hanno aderito ai servizi CBILL;

  • Postamat;

  • Sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione prenotando un appuntamento nei giorni dal lunedì al venerdì.

Tieni però presente che in caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

La Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) però riguarda i carichi affidati all’Agente della riscossione nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022 e cioè le cartelle di pagamento e i carichi contenuti in cartelle non ancora notificate;

i carichi interessati da provvedimenti di rateizzazione o di sospensione oppure già oggetto di una precedente “Rottamazione” anche se decaduta per il mancato, tardivo, insufficiente versamento di una delle rate del relativo precedente piano di pagamento, gli accertamenti esecutivi,

gli avvisi di addebito INPS ecc. inerenti a carichi affidati dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, che comporta lo stralcio degli interessi, degli aggi e delle sanzioni amministrative.

A differenza di quanto era stato fatto in occasione dell’art. 5 del D.L. n. 119/2018, non è stata riproposta la rottamazione dei carichi riguardanti dazi doganali e IVA all’importazione.

Nei fatti, potranno essere oggetto di definizione agevolata non solo le imposte quali Irpef, Ires, IVA, ma anche i tributi locali (quali l’IMU, la TARI, la vecchia TARSU), il bollo auto, ecc. Naturalmente, si deve trattare di debiti, rispetto ai quali, l’ente creditore si è rivolto per il recupero all’Agente della riscossione, Ex Equitalia, ora ADER (Agenzia Delle Entrate Riscossione)

Le pendenze con gli Enti previdenziali di diritto privato rientrano nella “Rottamazionequater” solo se l’ente, entro il 31 gennaio 2023, ha provveduto provvede ad adottare uno specifico provvedimento e lo ha trasmesso all'ADER.

Sono esclusi dalla definizione i debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione recanti:

le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015;

i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

Se il carico viene da multe dei vigili, il 31 gennaio è una data importante perché è la data entro la quale  i Comuni devono deliberare se aderire alle sanatorie delle cartelle di questo tipo. 

Per le entrate dei Comuni, Province e Regioni ecc.. lo stralcio automatico riguarda le somme aggiuntive rispetto alla sorte capitale, in caso di ruolo Ici/Imu, si risparmiano le sanzioni e gli interessi, ma l'imposta resta dovuta.

Per le Multe occorre sapere se è stata elevata da Carabinieri, Polizia o altri Enti Statali o se Comunali quindi per le multa “statale” con stralcio: non si paga nulla. per le multe “statali” soggette a rottamazione: si paga solo la sanzione originaria (raddoppiata rispetto al minimo ordinario come sempre accade quando si versa dopo più di 60 giorni dalla notifica del verbale), oltre alle spese dell’agente della riscossione.

Mentre per le multe “locali”, sia con stralcio (possibile solo se l’ente creditore lo consente) sia con rottamazione: si paga solo la sanzione originaria (raddoppiata rispetto al minimo ordinario quando si versa dopo più di 60 giorni dalla notifica del verbale), oltre alle spese dell’agente della riscossione.

Carlo Barbiera Commercialista 
Per saperne di più scrivi a e-mail: barbieracarlo@gmail.com o telefona allo  335241066     o   0432501768

È stata sbandierata la possibilità di ristrutturare casa senza spendere un euro.

 

È però doveroso precisare che se i lavori sono stati eseguiti a norma di legge il proprietario potrà effettivamente godere della detrazione fiscale pari al 110% della spesa, ma è altrettanto vero che durante l'esecuzione del cantiere qualcuno dovrà anticipare prima di tutto le spese di progettazione e poi l’acquisto del materiale e altro.

 

Quindi occorrerà anticipare soldi veri per avere un credito d'imposta quando questo sarà vistato per conformità e convalidato dall'Agenzia delle Entrate.

 

Il committente privato che ha disponibilità liquide potrà anticipare di tasca propria ma la maggior parte degli interessati dovranno rivolgersi agli istituti bancari o alle imprese realizzatrici.

Queste ultime è vero che possono acquisire il credito, anche attraverso lo sconto in fattura, ma dovranno comunque ricorrere a finanziamenti perché passeranno alcuni mesi tra progetto, realizzazione e l'ottenimento del credito d'imposta.

 

Il ruolo degli istituti di credito è quindi fondamentale sia che sia il cittadino privato o che sia l'impresa a chiedere i fondi necessari.

La banca istruirà una pratica di finanziamento con annessi interessi, commissioni e garanzie.

Poi monetizzerà il finanziamento nel momento in cui acquisirà il credito del Superbonus.

Cioè le banche acquisteranno a 100, forse meno, un credito d'imposta di euro 110.

Anche Poste Italiane si è interessata a queste operazioni che evidentemente sono lucrose per chi le finanzia.

 

Se è abbastanza facile cedere il credito è invece piuttosto difficile conseguirlo, soprattutto per quanto concerne il SUPERBONUS.

Per poter finanziare i lavori tutti gli operatori finanziari si cautelano chiedendo firme a garanzia, anche ipotecarie sia al singolo privato che alle imprese appaltatrici.

Se poi qualcosa va storto oppure alcuni lavori preventivati vanno a sforare i plafond previsti dalla normativa ecco che si dovrà sborsare di tasca propria.

 

Anche le procedure messe a disposizione soprattutto su portali dalle banche maggiori per la richiesta/gestione degli adempimenti dei finanziamenti sono particolarmente complesse.

 

Una maggiore flessibilità è garantita invece dalle banche locali dove il direttore che conosce il cliente può gestire e approvare spese personalmente almeno fino a un certo limite senza che si debba affrontare un vero e proprio percorso di guerra fatto di alert informatici e dati complessi da inserire che rendono particolarmente difficile il dialogo con le piattaforme messe a disposizione delle grandi banche per ottenere l'ok a un'anticipazione sui lavori o sui S.A.L. (Stato Avanzamento Lavori).

 

Molti confidano in una proroga ma anche in una semplificazione degli adempimenti.

 

Purtroppo il tempo scorre velocemente .... e i lavori languono.

 

Ci sarà tempo fino a fine 2023 per concludere i lavori e ottenere il beneficio fiscale ?

 

Daniele De Gasperis e Carlo Barbiera Commercialista

 

Per saperne di più scrivere a barbieracarlo@gmail.com   o  studio@btstudio.eu o telefonare allo 0039 0432 501768  oppure  335241066

Omesso versamento di ritenute previdenziali: una depenalizzazione parziale.

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa.

Il d.lgs. 8/2016 all’art. 3 comma 6 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 22/1/2016, entrato in vigore il 6/02/2016) riscrive la disciplina che era contenuta nell’art. 2 del D.L. 463/1983 depenalizzandola parzialmente.

L’unico elemento oggettivo che era rilevante, ai fini della configurabilità del reato, era quello dell’inadempimento (o adempimento tardivo) ponendo non pochi dubbi di legittimità costituzionale ex art. 3 della Costituzione, principalmente sotto il profilo dell’elemento soggettivo.

Infatti, il reato in esame, per poter essere configurato, richiede la sussistenza del dolo generico, ovverosia la coscienza e la volontà di non procedere ai versamenti.

Ma alla fine tutto questo si risolve in una forma, nemmeno tanto mascherata, di responsabilità oggettiva, visto che l’inottemperanza all’ordine inviato a mezzo lettera dall’I.N.P.S. di procedere, entro 3 mesi, alla regolarizzazione della posizione contributiva di per sé sola è idonea alla configurazione dell’ipotesi criminosa.

Sul punto la giurisprudenza ha ulteriormente precisato che per aversi l’insussistenza della fattispecie dolosa, l’omesso versamento deve essere “occasionale” essendo invece pienamente configurato e provato il dolo in caso di plurimi omessi versamenti. Quindi, dalla fattispecie oggettiva di omissione ne deriverebbe la chiara dimostrazione del dolo, visto che la condotta in esame viene vista come una forma di appropriazione indebita da parte del datore di lavoro delle somme che dovrebbero essere destinate all’Istituto di previdenza.

Infatti il reato si concretizza nel momento in cui vengono trattenuti al dipendente delle somme di denaro dalla busta paga per essere versate all’INPS e poi non vengono versate.

Secondo la norma, però, sembra che il reato si concretizzi invece non quando c’è l’appropriazione effettiva delle somme di denaro, ma dopo tre mesi dalla lettera dell’INPS che invita a regolarizzare con il versamento.

In calce a questo articolo un ragionamento sul fatto che l’Inps invia una semplice lettera mentre altri Enti effettuano una notifica vera e propria, per esempio l’Agenzia delle Entrate per le ritenute fiscali non versate “notifica” un accertamento, anche per la irrogazione di sanzioni vengono effettuate le notifiche,

l’Inps no!

Eppure la Legge dice:

“1-bis. L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. Il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione.”

La contestazione si fa con un verbale degli organi di controllo preposti o con un PVC e la notifica si fa con un Messo o con un Ufficiale Giudiziario.

La lettera inviata dall'Inps non è né una contestazione né una notifica.

Le lettere che l’INPS invia sono tutte eguali, scritte in “ciclostile” e riportano la seguente frase:

“La informiamo che da una verifica dei nostri archivi risulta che non ha versato all’INPS, per i periodi di competenza dettagliatamente indicati nei prospetti allegati che costituiscono parte integrante di questa lettera, le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori.

Le ricordiamo che questa inadempienza è punibile con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1032,00 (art. 2 comma 1-bis, del DL:12 settembre 1983, n. 463 convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983, n.638 ).

Tuttavia è prevista la non punibilità del reato (art. 1, comma1bis del D.Lgs 211/94) qualora provveda a regolarizzare il debito entro tre mesi dalla data di ricevimento di questa comunicazione. Nell’allegato “Istruzioni per il versamento” sono riportate le modalità e le istruzioni per la compilazione dei modelli di pagamento.

Se non è responsabile del mancato versamento dei contributi, la invitiamo a comunicare ai nostri uffici il nome del titolare o del legale rappresentante penalmente responsabile.

La informiamo, infine, che quanto esposto in questa comunicazione riguarda esclusivamente l’aspetto penale della violazione e che l’Istituto provvederà comunque al recupero delle somme a credito relative ai periodi indicati nell’allegato e di quelli non ancora sottoposti a verifica.

L’accoglimento di una domanda di dilazione non produce effetto sulla fattispecie del reato prevista dall’art. 2 L 638/83 e pertanto non fa venire meno l’obbligo, da parte dell’Istituto, di provvedere alla denuncia all’Autorità Giudiziaria (Procura della repubblica presso il Tribunale competente)

Cordiali Saluti”

Dopo aver letto questa lettera quello che stona di più sono i “cordiali” saluti.

La ratio iniziale della norma era quella di garantire al lavoratore il diritto ad una regolare posizione previdenziale, punendo penalmente il datore di lavoro che ometteva di effettuare il versamento delle ritenute (trattenere parte di una somma dovuta come stipendio, compenso o altro emolumento, ex Cassazione n.27641/2003) appropriandosi indebitamente di somme prelevate dalla effettiva corresponsione della retribuzione dei lavoratori dipendenti (in assenza della quale non si configurava reato).

Le ritenute o trattenute prendono il nome dal fatto che il datore di lavoro prima di effettuare il pagamento dello stipendio o del salario, appunto, trattiene la somma in questione dalla retribuzione del dipendente e la versa agli Enti Previdenziali ed Assistenziali.

Per quanto riguarda, invece, la parte spettante al datore di lavoro si parla propriamente non di trattenute, bensì di oneri sociali che deve versare per ogni lavoratore alle proprie dipendenze.

Con la nuova disciplina, che si applica retroattivamente (ex art. 8 e 9 D.lgs. 8/2016), vi è una parziale depenalizzazione per omissioni di ritenute previdenziali e assistenziali per importi massimi di 10.000 euro annui per cui si pagherà una sanzione amministrativa compresa tra i 10.000 e i 50.000 euro, con tutti i dubbi inerenti la configurazione del dolo e dell’accertamento dello stesso, che il datore di lavoro dovrà, a questo punto con inversione dell’onere della prova, dimostrare successivamente al fine di contrastare quello che è un giudizio presuntivo, che come tale è vietato in materia penale.

Per omissioni di ritenute previdenziali e assistenziali di importo massimo superiore a 10.000 euro annui, l’illecito penale permane ed è prevista la reclusione fino a tre anni e sanzioni fino a 1.032 euro.

In entrambi i casi per evitare di incorrere in reato e in illecito amministrativo si dovranno versare i contributi omessi entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica di violazione.

In riferimento all’ultima frase (sottolineata) contenuta nella lettera dell’INPS, resta aperto il dubbio che la rateazione di queste trattenute non sia sufficiente a estinguere il reato, anche se si può ritenere che l’istanza presentata entro i 3 mesi dalla ricezione della comunicazione da parte dell’Istituto di Previdenza il reato non sia configurabile, visto che c’è la prova della volontà di sanare la posizione debitoria.

Anche qui, se pago solo la prima rata o qualcuna delle rate cosa succede?

si riconfigura il reato?

Per la giurisprudenza e la prassi, la violazione permane, anche se l’importo da contestare a titolo di reato ovvero di sanzione amministrativa diminuisce.

Ma anche qui si innescano altri problemi legati, per esempio, alla crisi d’impresa o alla sottoposizione di una società di capitali a procedura concorsuale, come per esempio il fallimento.

In questi casi il datore di lavoro rimane tenuto a versare le ritenute oppure ci devono pensare gli organi della procedura fallimentare?

Una casistica probabilmente non infrequente è quella di datori di lavoro che non riescono a versare le ritenute previdenziali proprio perché vengono sottoposti a fallimento e, anche dopo l’emanazione della sentenza dichiarativa da parte del Tribunale fallimentare, viene inviata allo stesso imprenditore la famigerata lettera dell’INPS e, dopo i 3 mesi di scadenza, viene iscritta la notizia di reato.

Occorre premettere che non vi è dubbio che, in base al R.D. 267/1942, nel momento in cui viene emessa la Sentenza dichiarativa del fallimento della società, l’imprenditore dichiarato fallito non ha più la disponibilità delle risorse presenti all’interno del patrimonio aziendale perché il Tribunale gli ordina di consegnare tutte le scritture contabili, la cassa, i C/C bancari ecc. nelle mani del Curatore Fallimentare.

Di conseguenza, l’imprenditore non ha più la possibilità materiale di ottemperare a quanto prescrittogli dall’INPS e, quindi, il reato finisce per non essere configurabile, sia sul piano dell’elemento materiale che su quello del dolo.

Nonostante questo, però, la violazione viene ugualmente contestata e si aprono due scenari, distinti e opposti:

mentre nel caso del procedimento penale è possibile fornire la dimostrazione della propria innocenza data dallo stato di insolvenza (basta fornire la copia della Sentenza dichiarativa di fallimento), in virtù del principio costituzionale del contraddittorio nella formazione della prova,

nel caso delle violazioni amministrative la sanzione viene applicata subito, rinviando il contraddittorio e la possibilità per l’imprenditore dichiarato fallito di difendersi al giudizio di opposizione, regolato dalla Legge 689/1981.

Ma qui si pone anche il problema che riguarda la disciplina transitoria, ovverosia i procedimenti inizialmente instaurati in sede penale e poi trasferiti in via amministrativa all’INPS.

Qui, il giudice penale assolve ai sensi dell’art. 530 c.p.p. oppure emette sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 129 inviando gli atti all’INPS per “l’applicazione della sanzione”, con una compressione del diritto di difesa.

Ma in casi come questi, se l’innocenza è palese e si vuole evitare l’instaurazione di un procedimento applicativo di una sanzione che finirebbe per essere ingiusta, appare opportuno produrre già in sede penale, prima della decisione con cui gli atti vengono rinviati all’INPS, la documentazione da riversare, poi, nel fascicolo dell’INPS al fine di dimostrare la non applicabilità della sanzione per impossibilità oggettiva di procedere al versamento, formulando apposita istanza e confidando che il Giudice autorizzi la trasmissione.

Con la depenalizzazione i reati in materia di legislazione sociale mutano la loro natura giuridica in illeciti amministrativi, fatti salvi i reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro (allegato al d.lgs. n.8/2016 richiamato ex art. 1 comma 3 dallo stesso decreto delegato).

Ma a causa della crisi economica, quasi quasi, converrebbe rendersi inadempienti per una somma maggiore di 10.000 euro.

Infatti un patteggiamento di 15 giorni viene convertito in 3.750 euro di ammenda, mentre per un mancato pagamento di soli 100 euro, quindi depenalizzati, si pagherebbe una multa di minimo 10.000 euro, con tutti i problemi legati all’accertamento e al successivo giudizio di opposizione e spese legali, visto che l’applicazione della sanzione avviene praticamente in automatico.

Un riferimento è d'obbligo al problema spinoso della notificazione, accennato all’inizio, che si ricorda è l’attività con la quale l’Ufficiale Giudiziario o altra persona specificatamente indicata dalla legge porta formalmente un Atto a conoscenza del destinatario, attraverso la consegna di una copia conforme all’originale dell’Atto.

L’INPS invia una raccomandata che ha ricadute penali ed è di fatto un Atto Unilaterale Ricettizio cioè un Atto Sostanziale che incide sul patrimonio del datore di lavoro.

Ne deriva che, stante le Leggi attuali, l’INPS dovrebbe notificare e non spedire una semplice lettera per posta.

Per analogia vediamo cosa succede per Atti Sostanziali, per esempio in materia di notifiche di Cartelle esattoriali; l’art 26 DPR 602/73 ha escluso che il Concessionario possa inoltrare una raccomandata direttamente, ma deve avvalersi degli Ufficiali della riscossione o altri soggetti abilitati.

Ci sono sentenze contrastanti ma sembra che la logica del Legislatore sia affidare questo delicato compito ad un soggetto terzo ad esempio il Messo Comunale, l’Ufficiale Giudiziario.

Il motivo è che un Atto che incide sulla sfera patrimoniale del cittadino deve godere del trattamento rigoroso e tassativo previsto dalla Legge, affinché ci sia certezza all’esito del procedimento notificatorio.

Quindi anche l’INPS dovrebbe soggiacere a tali norme garantiste.

La materia delle notifiche però non è ancora chiara, tanto è vero che il Concessionario Equitalia, ha messo in pratica un escamotage per superare l’ostacolo legislativo: in un accordo milionario con le Poste Italiane, sono stati nominati messi di Equitalia quasi tutti i postini e per questo servizio Equitalia paga alle Poste Italiane SpA, ma sarebbe più giusto dire che paghiamo tutti noi contribuenti, fior di milioni.

Il legislatore dovrebbe metter mano alla Legge e coordinare il Codice di Procedura Civile con quelle norme che, invece di chiarire con le loro correzioni, integrazioni e modifiche hanno creato maggior confusione, come l’art. 26 o l’art. 60 del DPR 600/73. Un esempio è il testo dell’arrt. 26 rimaneggiato negli anni.

(vedi l’articolo del 9.11.2012 di Barbiera sul blog di www.btstudio.eu).

Mi pare giusto ricordare che la notifica dell’Atto o della cartella di pagamento effettuata da un soggetto non munito del relativo potere comporta la giuridica inesistenza dell’atto di notificazione, così come le modalità di notifica illecite rendono del tutto inesigibili i crediti azionati negli Atti o nelle cartelle.

Dal punto di vista pratico è come se I suddetti Atti o le suddette cartelle non fossero mai state consegnate al destinatario!

La recente sentenza della Cassazione n. 5898 del 2015 va controcorrente rispetto alla giurisprudenza dominante e ammette la possibilità per il concessionario della riscossione, Equitalia, possa inviare direttamente le cartelle di pagamento mediante raccomandata con avviso di ricevimento, in plico chiuso, senza un Messo Notificatore e senza che sia necessario redigere apposita relata di notifica, ma a condizione che si verifichi quanto stabilito dall’art. 156 del c.p.c. qualora la raccomandata (notifica irregolare) abbia raggiunto comunque il suo scopo e il destinatario abbia avuto piena conoscenza dell’Atto.

Si possono quindi scegliere due strade.

La prima, sulla quale tutti concordano, è quella di notificare affidando la consegna dell’Atto al Messo Notificatore che è obbligato a certificare la propria attività tramite la relata di notifica da lui stesso datata e sottoscritta.

L’omessa sottoscrizione rende la notifica inesistente.

La seconda, sulla quale concordano alcuni Giudici, è quella di inviare a mezzo posta, avvalendosi del servizio offerto da Poste Italiane: in questo caso il postino non è tenuto a redigere alcuna relata di notifica. L’unico adempimento richiesto sarà la sottoscrizione della ricevuta di ritorno e del registro di consegna.

Ma in questo caso è necessario che l’Atto abbia raggiunto lo scopo cui è destinato.

Infatti eventuali irregolarità nella procedura di notifica sono da ritenersi sanate qualora il destinatario abbia avuto piena conoscenza dell’Atto o della Cartella, per esempio impugnandola proponendone tempestivo ricorso.

Per ulteriori informazioni al riguardo ci contatti allo 0432501768 o via email: studio@btstudio.eu

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