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Il mio Blog

Rottamazione quater

Presso l’Agenzia delle Entrate Riscossione ex Equitalia tramite un commercialista abilitato sarà possibile ottenere i carichi definibili ai fini della Legge n. 197/2022.

Come Commercialista potrò aiutarTi a manifestare o meno la volontà di procedere alla Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”), presentando, entro il 30 aprile 2023, apposita dichiarazione di adesione, con le modalità, esclusivamente telematiche, definite da Agenzia delle entrate-Riscossione.

Sarà anche da verificare per quali pendenze sarà possibile chiedere lo sgravio, l’autotutela, ricorsi o altro per le Cartelle per le quali sussistono i requisiti e quant’altro per le cartelle che sono decadute, perente o prescritte.

Per sveltire il lavoro dovrai consegnare consegnare a scelta le credenziali SPID oppure CIE o Carta Nazionale dei Servizi o Tessera Sanitaria abilitata con i codici di accesso.

Le cartelle pe le quali si intende beneficiare delle misure introdotte dalla Definizione agevolata, potranno essere pagate in una unica soluzione o a rate e le modalità di pagamento saranno scelte tra le seguenti:

  • Sito istituzionale;

  • App EquiClick;

  • Domiciliazione sul conto corrente;

  • Moduli di pagamento utilizzabili nei circuiti di pagamento di:

  • sportelli bancari;

  • uffici postali;

  • home banking;

  • ricevitorie e tabaccai;

  • sportelli bancomat (ATM) che hanno aderito ai servizi CBILL;

  • Postamat;

  • Sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione prenotando un appuntamento nei giorni dal lunedì al venerdì.

Tieni però presente che in caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

La Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) però riguarda i carichi affidati all’Agente della riscossione nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2000 e il 30 giugno 2022 e cioè le cartelle di pagamento e i carichi contenuti in cartelle non ancora notificate;

i carichi interessati da provvedimenti di rateizzazione o di sospensione oppure già oggetto di una precedente “Rottamazione” anche se decaduta per il mancato, tardivo, insufficiente versamento di una delle rate del relativo precedente piano di pagamento, gli accertamenti esecutivi,

gli avvisi di addebito INPS ecc. inerenti a carichi affidati dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, che comporta lo stralcio degli interessi, degli aggi e delle sanzioni amministrative.

A differenza di quanto era stato fatto in occasione dell’art. 5 del D.L. n. 119/2018, non è stata riproposta la rottamazione dei carichi riguardanti dazi doganali e IVA all’importazione.

Nei fatti, potranno essere oggetto di definizione agevolata non solo le imposte quali Irpef, Ires, IVA, ma anche i tributi locali (quali l’IMU, la TARI, la vecchia TARSU), il bollo auto, ecc. Naturalmente, si deve trattare di debiti, rispetto ai quali, l’ente creditore si è rivolto per il recupero all’Agente della riscossione, Ex Equitalia, ora ADER (Agenzia Delle Entrate Riscossione)

Le pendenze con gli Enti previdenziali di diritto privato rientrano nella “Rottamazionequater” solo se l’ente, entro il 31 gennaio 2023, ha provveduto provvede ad adottare uno specifico provvedimento e lo ha trasmesso all'ADER.

Sono esclusi dalla definizione i debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione recanti:

le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015;

i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

Se il carico viene da multe dei vigili, il 31 gennaio è una data importante perché è la data entro la quale  i Comuni devono deliberare se aderire alle sanatorie delle cartelle di questo tipo. 

Per le entrate dei Comuni, Province e Regioni ecc.. lo stralcio automatico riguarda le somme aggiuntive rispetto alla sorte capitale, in caso di ruolo Ici/Imu, si risparmiano le sanzioni e gli interessi, ma l'imposta resta dovuta.

Per le Multe occorre sapere se è stata elevata da Carabinieri, Polizia o altri Enti Statali o se Comunali quindi per le multa “statale” con stralcio: non si paga nulla. per le multe “statali” soggette a rottamazione: si paga solo la sanzione originaria (raddoppiata rispetto al minimo ordinario come sempre accade quando si versa dopo più di 60 giorni dalla notifica del verbale), oltre alle spese dell’agente della riscossione.

Mentre per le multe “locali”, sia con stralcio (possibile solo se l’ente creditore lo consente) sia con rottamazione: si paga solo la sanzione originaria (raddoppiata rispetto al minimo ordinario quando si versa dopo più di 60 giorni dalla notifica del verbale), oltre alle spese dell’agente della riscossione.

Carlo Barbiera Commercialista 
Per saperne di più scrivi a e-mail: barbieracarlo@gmail.com o telefona allo  335241066     o   0432501768

È stata sbandierata la possibilità di ristrutturare casa senza spendere un euro.

 

È però doveroso precisare che se i lavori sono stati eseguiti a norma di legge il proprietario potrà effettivamente godere della detrazione fiscale pari al 110% della spesa, ma è altrettanto vero che durante l'esecuzione del cantiere qualcuno dovrà anticipare prima di tutto le spese di progettazione e poi l’acquisto del materiale e altro.

 

Quindi occorrerà anticipare soldi veri per avere un credito d'imposta quando questo sarà vistato per conformità e convalidato dall'Agenzia delle Entrate.

 

Il committente privato che ha disponibilità liquide potrà anticipare di tasca propria ma la maggior parte degli interessati dovranno rivolgersi agli istituti bancari o alle imprese realizzatrici.

Queste ultime è vero che possono acquisire il credito, anche attraverso lo sconto in fattura, ma dovranno comunque ricorrere a finanziamenti perché passeranno alcuni mesi tra progetto, realizzazione e l'ottenimento del credito d'imposta.

 

Il ruolo degli istituti di credito è quindi fondamentale sia che sia il cittadino privato o che sia l'impresa a chiedere i fondi necessari.

La banca istruirà una pratica di finanziamento con annessi interessi, commissioni e garanzie.

Poi monetizzerà il finanziamento nel momento in cui acquisirà il credito del Superbonus.

Cioè le banche acquisteranno a 100, forse meno, un credito d'imposta di euro 110.

Anche Poste Italiane si è interessata a queste operazioni che evidentemente sono lucrose per chi le finanzia.

 

Se è abbastanza facile cedere il credito è invece piuttosto difficile conseguirlo, soprattutto per quanto concerne il SUPERBONUS.

Per poter finanziare i lavori tutti gli operatori finanziari si cautelano chiedendo firme a garanzia, anche ipotecarie sia al singolo privato che alle imprese appaltatrici.

Se poi qualcosa va storto oppure alcuni lavori preventivati vanno a sforare i plafond previsti dalla normativa ecco che si dovrà sborsare di tasca propria.

 

Anche le procedure messe a disposizione soprattutto su portali dalle banche maggiori per la richiesta/gestione degli adempimenti dei finanziamenti sono particolarmente complesse.

 

Una maggiore flessibilità è garantita invece dalle banche locali dove il direttore che conosce il cliente può gestire e approvare spese personalmente almeno fino a un certo limite senza che si debba affrontare un vero e proprio percorso di guerra fatto di alert informatici e dati complessi da inserire che rendono particolarmente difficile il dialogo con le piattaforme messe a disposizione delle grandi banche per ottenere l'ok a un'anticipazione sui lavori o sui S.A.L. (Stato Avanzamento Lavori).

 

Molti confidano in una proroga ma anche in una semplificazione degli adempimenti.

 

Purtroppo il tempo scorre velocemente .... e i lavori languono.

 

Ci sarà tempo fino a fine 2023 per concludere i lavori e ottenere il beneficio fiscale ?

 

Daniele De Gasperis e Carlo Barbiera Commercialista

 

Per saperne di più scrivere a barbieracarlo@gmail.com   o  studio@btstudio.eu o telefonare allo 0039 0432 501768  oppure  335241066

Le confessioni di un Commercialista e di un...Finanziere.

Quando ero giovane studente di ragioneria, d’estate andavo nell’Ufficio di mio padre che era ragioniere capo all’Intendenza di Finanza di Udine, a fare “l’avventizio”.

Così si chiamavano i figli dei dipendenti che facevano 30 giorni di stage estivo in quegli Uffici.

Il mio compito lavorativo era girare le paginone in A3 dei ruoli dell’IGE (l’iva non era ancora stata inventata), per il Direttore e altri tipi di fogli per l’Intendente, che firmavano ogni giorno centinaia e centinaia di pagine.

L’Intendente era colui che dirigeva l’Intendenza e la Guardia di Finanza.

Era il tempo del boom economico degli anni 60.

La seconda guerra mondiale era finita da poco.

L’atteggiamento nei confronti dei contribuenti era pacata e collaborativa.

Non c’erano evasori, non se ne sentiva parlare.

Poi alla fine del 1972 fu inventata l’IVA (DPRR 633/72) e da li in poi si iniziò a sentir parlare di sommerso, di evasori, di elusori, di antieconomicità, di redditometri, ricavometri, di spesometri ecc..

Tutti i controlli che oggi vengono effettuati nei confronti di contribuenti i cui parametri, come la mancanza di congruità, l’incoerenza dei dati rilevati dagli Studi di Settore, dal redditometro, dal ricavometro o il comportamento anomalo, fanno scattare “l’allarme rosso” fiscale, a mio modesto avviso non riguardano gli evasori.

Perché gli evasori non sono tra i contribuenti.

Infatti chi dichiara, magari male o non rispettando completamente le regole non è un evasore, ma un contribuente che sbaglia.

Quando un cliente viene da me, chiede di pagare meno tasse possibili ma a due condizioni: rispettare la legge e non correre rischi.

Purtroppo, con il sistema fiscale che abbiamo oggi, pur rispettando la Legge e usando tutta la prudenza possibile, si rischia comunque un Verbale o un Accertamento fiscale.

Ma i PVC e gli Accertamenti come si fanno oggi, non aiutano l’economia.

E’ come mandare un medico in corsia con la pistola anziché con le medicine.

Non si sa chi abbia iniziato per primo la guerra fiscale, i contribuenti o il Fisco ?

Fatto sta che siamo arrivati a un punto di non ritorno senza esclusione di colpi da entrambe le parti.

L’articolo del 28 febbraio u.s. su Il Resto del Carlino, nella cronaca di Ascoli Piceno, ne è un esempio.

Ma come in tutte le guerre, ecco che compaiono i primi pentiti, veri o presunti, utili a una parte o all’altra, dei quali si appropria la stampa per fare i suoi scoop.

E così l’altro giorno, su un quotidiano, è apparsa una lettera intitolata “le confessioni di un finanziere”.

Dopo anni di articoli sui grandi personaggi dello spettacolo e dello sport additati come evasori pentiti per non aver pagato le tasse, ecco una nuova tipologia di pentito: il finanziere.

La lettera, che ho trovata pubblicata su un quotidiano, sarà vera ?

Eccola riportata integralmente:

“Ossessione numeri - Dietro alle verifiche ci sono enormi interessi economici: il dato del recupero dell’imposta serve a molti. Sia ai politici che ai finanzieri. Nella Guardia di Finanza il raggiungimento degli obiettivi legittima l’ottenimento dei premi incentivanti e gli stipendi stellari dei generali, che sono decine: uno per provincia, più uno per regione. Nel nostro Corpo esistono vere e proprie task-force che si occupano di fare previsioni di recupero d’imposta e a fine anno queste devono essere raggiunte, come se l’evasione fiscale si basasse su dei budget. Gli operatori sul territorio sono meno di chi elabora questa realtà virtuale, su 64 mila finanzieri siamo circa 4 mila a fare i controlli.

Indietro non si torna - A fine anno i generali chiedono il dato dell’imposta evasa constatata e lo confrontano con quello dell’anno prima. Il risultato non può essere inferiore a quello di 12 mesi prima. Se il dato scende bisogna dar conto al reparto centrale di Roma del perché si siano recuperati meno soldi e il comandante del reparto periferico rischia di vedersi bloccare la carriera. Per questo le nostre verifiche proseguono anche di fronte a evidenti illogicità. I nostri ufficiali parlano solo di numeri e quando hanno sentore di un risultato, magari per una previsione affrettata di un ispettore, corrono dai loro superiori anticipando che da quella verifica potrà venir fuori un certo risultato: a quel punto non si può più tornare indietro. Il verbale diventa subito una statistica, una voce acquisita e ufficiale di reddito non dichiarato. Quando si prospetta un ventaglio di possibilità per risolvere una contestazione si concentrano le energie sempre su quella che porta il risultato più alto. Che sarebbe poco grave se fosse la strada giusta. Ma spesso non lo è. Per la Finanza quello che conta è il dio numero. Il nostro unico problema è come tirarlo fuori. Per riuscirci c’è un nuovo strumento infernale, la cosiddetta “mediana”, che va di gran moda tra gli ufficiali. La si pronuncia con rispetto e deferenza, anche perché da essa dipende la carriera di chi la evoca. Si tratta di uno studio fatto a tavolino, che stabilisce il valore medio della verifica necessario a raggiungere gli obiettivi, il tetto al di sotto del quale non si può andare. Se capiamo che in un’azienda il verbale sarà di entità inferiore alla mediana, derubrichiamo la verifica a controllo in modo che non entri nelle statistiche ufficiali. Alla Guardia di Finanza abbiamo uffici informatici che elaborano dati in continuazione. Ma si tratta di numeri “drogati”, come lo sono quelli dei sequestri. Nei magazzini dei cinesi ho visto colleghi registrare alla voce “giocattoli” ogni singolo pallino delle pistole per bambini. Spesso questi servizi si fanno in occasione delle feste natalizie, così passa l’informazione che sul territorio c’è sicurezza. Con questi numeri i generali si riempiono la bocca il 21 giugno, giorno della festa del Corpo. Lo speaker spara cifre in presenza di tutte le autorità, dei presidenti dei tribunali, dei politici, ecc. ecc. Quel giorno è un tripudio di dati pronunciato con voce stentorea: recuperata tot Iva, scovati tot milioni di redditi non dichiarati, arrestati x emittenti fatture false. Una festa!

Normativa astrusa - La normativa tributaria italiana è talmente ingarbugliata che si presta alla nostra logica del risultato a ogni costo. Per noi è piuttosto semplice fare un rilievo visto che siamo aiutati da questa legislazione astrusa e abnorme, spesso contradditoria e conflittuale. Nel nostro Paese è quasi impossibile essere in regola e per chi lo sembra ci prendiamo più tempo per spulciare ogni carta. Infatti se una norma può apparire favorevole all’imprenditore, c’è sicuramente un’altra interpretabile in maniera opposta. E in questo ci aiuta l’oceanica produzione di sentenze, frutto di un eccessivo contenzioso. Un contratto, un’operazione possono essere interpretati in mille modi e alla fine trovi sempre una sentenza della Cassazione che ti permette di poter fondare un rilievo su basi giuridiche certe. Questo è il Paese delle sentenze. Analizzando un bilancio, un’imperfezione si trova sempre. Magari per colpa dello stesso controllore che prima dice all’imprenditore di comportarsi in un modo e poi in un altro, inducendolo in errore. Per esempio, su nostro suggerimento, un’azienda non contabilizza più certe spese come pubblicità (deducibili), ma come spese di rappresentanza (deducibili solo in parte). Quindi arriva l’Agenzia delle Entrate e spiega che quelle non sono né l’una né l’altra. A volte succede che qualcuno abbia già subito un controllo, abbia aderito a un condono e, zac, arriviamo noi e contestiamo lo stesso aspetto, ma in modo diverso. Dopo i primi anni nel Corpo non ho più sentito di controlli chiusi con un nulla di fatto e in cui si torna a casa senza aver contestato qualcosa. Alla fine chi lavora impazzisce.

Chi sbaglia non paga - Come è possibile tutto questo? Semplice: perché chi sbaglia non paga, ma anche perché chi sbaglia non saprà mai di averlo fatto. Il motivo è semplice: noi non comunichiamo con l’Agenzia delle Entrate e non sappiamo mai che fine facciano i nostri verbali. Per questo se ho commesso un errore non lo verrò mai a sapere: il nostro è solo un verbale di constatazione, a renderlo esecutivo è l’Agenzia delle Entrate che lo trasforma in verbale di accertamento. Però raramente i nostri colleghi civili bocciano il nostro lavoro, anzi questo non succede nel 99,9 per cento delle situazioni. Si fidano di noi e, anche se sono molto più preparati, nella maggior parte dei casi prendono il nostro verbale e lo notificano, tale e quale, al contribuente. Quello che sappiamo per certo è che i nostri verbali, giusti o sbagliati che siano, diventano numeri e quindi non ci interessa che vengano annullati, tanto non ne verremo mai a conoscenza né saremo chiamati a risponderne. Per noi resta un grosso risultato. E visto che nessuno paga per i propri errori, il povero imprenditore continuerà a trovarsi ignaro in un castello kafkiano fatto di norme e risultati da ottenere.

Imprese sacrificali - Gli imprenditori con noi sono sempre gentili, ci accolgono con il caffè, sopportano di averci tra i piedi per settimane, ma si capisce che vorrebbero dirci: scusateci, ma avremmo pure da lavorare. A noi però questo non interessa: dobbiamo contestargli un verbale a qualsiasi costo e quando bussiamo alla loro porta sappiamo che non hanno praticamente speranza di salvezza. Per contrastare e contestare questa trappola infernale l’imprenditore è costretto a pagare consulenti costosissimi, ma noi rimaniamo sempre sulle nostre posizioni. A volte capita che per provare a difendersi il presunto evasore chiami in soccorso come consulenti ex finanzieri, ma spesso questo non gli evita la sanzione. Anzi. Negli ultimi anni ho notato una certa arrendevolezza da parte degli imprenditori: dopo un po’ si stancano. Capiscono, e ce lo dicono, che tanto dovranno fare ricorso perché noi non cambieremo idea. Per tutti questi motivi molti di loro costituiscono a inizio anno un fondo in previsione della visita della Finanza. Sono coscienti che qualcosa dovranno comunque pagare. Chi fa veramente le grandi porcate, chi apre e chiude partite Iva, emette false fatture o costituisce società di comodo magari alle Cayman è molto più veloce di noi e per questo non lo incastriamo, mentre azzanniamo quelli che operano sul territorio e che sono regolarmente censiti nelle banche dati. Alla fine lo Stato colpisce sempre i soliti noti. Non è una nostra volontà, ma dipende dal fatto che non abbiamo risorse per fare la vera lotta all’evasione e in ogni caso dobbiamo fornire dei numeri al ministero per poter legittimare la nostra esistenza come istituzione. Anche in Europa.

Tangente di Stato - L’imprenditore, se accetta la proposta di adesione al verbale entro 60 giorni, paga solo un terzo di quanto gli viene contestato e spesso salda anche se non lo ritiene giusto, per togliersi il dente ed evitare ricorsi costosi (a volte più dei verbali) e sine die. In pratica accetta di pagare una tangente allo Stato. Agli imprenditori i ricorsi costano molto e se la commissione provinciale, il primo grado della giustizia tributaria, dà ragione allo Stato, l’imprenditore prima di ricorrere alla commissione regionale, il secondo grado, deve pagare metà del dovuto. Per questo chi lavora spesso preferisce chiudere la partita all’inizio, pagando un terzo.

Giustizia da farsa - Il contradditorio tra Guardia di Finanza e imprenditori durante le verifiche è una farsa, perché ognuno rimane sulla propria posizione, ma va fatto per legge. Nel contradditorio gli imprenditori non hanno scampo: quel numero, quell’ipotesi di evasione, ormai è stato venduto e non può più essere ridimensionato. È entrato nel sistema e nelle nostre statistiche. A noi non interessa se magari dopo anni quel verbale verrà annullato e non avrà prodotto alcun introito per lo Stato. Le cose non vanno meglio con la giustizia tributaria, gestita da commissioni composte da avvocati, commercialisti, ufficiali della Finanza in pensione che fanno i giudici tributari gratuitamente giusto per fare qualcosa o per sentirsi importanti. È incredibile, ma in Italia il sistema economico-finanziario viene affidato a un servizio di “volontariato”. La verità è che un tale esercito di volontari senza gratificazioni economiche non se la sente di cassare completamente il lavoro di finanzieri e Agenzia delle Entrate e l’imprenditore qualcosa deve sempre pagare. Difficilmente questi giudici per hobby danno torto allo Stato. L’assurdità è che vengono pagati 30-40 euro per motivare sentenze complesse che hanno come oggetto verbali da milioni di euro, scritti da marescialli aizzati dal sistema.

Formazione assente - Il nostro vero problema è la mancanza di specializzazione di un Corpo che cerca di riscattarsi nel modo sbagliato, provando a portare a casa grandi risultati, sebbene “storti”. A volte l’ignoranza aiuta a far montare un rilievo che non sta né in cielo né in terra. Sulla nostra formazione non ho niente da dire, perché non esiste. Eppure dobbiamo confrontarci con specialisti agguerriti, leggere documenti in lingue straniere, e la gran parte di noi non sa una parola in inglese. Non ci forniscono nemmeno i codici tributari aggiornati, mentre spendono milioni per farci esercitare ai poligoni, visto che siamo inspiegabilmente ancora una polizia militare, come solo in Equador e Portogallo. Un commercialista lavora 12 ore al giorno e si forma continuamente. Dall’altra parte della barricata c’è gente come noi che non vede l’ora di scappare via dall’ufficio, dove spesso non ha neppure a disposizione una scrivania o la deve condividere con altri colleghi. In questo modo il lavoro diventa l’ultimo dei pensieri. I più bravi vanno in pensione appena possono, per riciclarsi come professionisti al soldo delle aziende. Ci vuole una fortissima motivazione per studiare una materia terribile come il diritto tributario. Avvocati e commercialisti trovano gli stimoli nelle parcelle, da noi un maresciallo con vent’anni di servizio guadagna 1.700 euro. Gli incentivi li dobbiamo trovare dentro di noi, magari pensando di sfruttare il sistema per trovare un altro lavoro. È illogico che un mestiere così delicato, dove si contestano milioni di euro d’evasione, sia affidato a gente sottopagata e impreparata. L’unico modo di tenersi aggiornati è quello di studiare a proprie spese, pagandosi master e corsi. Purtroppo la formazione è costosissima e spesso ci rinunciamo. È chiaro che un sistema del genere presti il fianco al rischio della corruzione. In più bisogna considerare che per noi le verifiche sono particolarmente rischiose. In base alla mia esperienza non le facciamo con la giusta professionalità, possiamo commettere errori in buona fede, essere invischiati in fatti che neanche capiamo. Per esempio alcuni di noi sono stati accusati di aver ammorbidito un verbale per un tornaconto, in realtà lo avevano fatto per ignoranza e per questo ora quasi nessuno vuole più fare questo tipo di lavoro.

Risorse all’osso - I nostri capi hanno budget di spesa sempre più ristretti. Nonostante ciò ogni ufficiale deve portare a casa i risultati con i soldi e le pattuglie che ha. Risultati almeno uguali a quelli dell’anno precedente. A causa di questa mancanza di mezzi siamo costretti a portare via dalle aziende penne, risme di carta, spillatrici. E secondo me gli imprenditori se ne accorgono, ma non dicono nulla per compassione. Onestamente gli ufficiali non sono responsabili di questa penuria di risorse, visto che i fondi destinati alla lotta all’evasione vengono decisi dai politici. Ma la frustrazione dei nostri superiori viene compensata da ottimi stipendi personali che lievitano grazie ai risultati conseguiti. Cosa che ovviamente non succede a noi. Nel nostro lavoro, la mattina, ammesso che trovi una macchina libera, devi prima fare car-sharing e accompagnare diversi colleghi ai reparti, quindi ti restano due o tre ore per fare visita a un’azienda. Quando rientriamo da una verifica il nostro principale problema è segnare sul registro quanti chilometri abbiamo fatto e quanta benzina abbiamo consumato. Arriveremo al paradosso di fare le verifiche in ufficio a contribuenti trovati su Google.

Lontani dalla realtà - I nostri vertici sono lontani dalla realtà, sono convinti che noi facciamo “lotta all’evasione”. C’è una distanza siderale tra chi sta in trincea, come me, e chi vive nei salotti. Un maresciallo può parlare solo con il tenente e non con i gradi superiori. Il nostro messaggio viene filtrato e arriva al vertice completamente distorto. Nel nostro sistema militare non conta quello che pensi del tuo lavoro, ma il grado che hai sulle spalle. L’ufficiale non va a riferire al superiore se l’ispettore gli ha detto che un controllo potrebbe non portare a niente. Al contrario insinua nei vertici la speranza che un risultato arriverà. E così chi va in giro per aziende deve ingegnarsi per trovare il cavillo che porti al risultato, solo per sentirsi dire bravo o per una pacca sulla spalla. L’animo umano si accontenta di poco. In questa catena di comando in cui tutti devono fare carriera non sono ammessi dubbi od obiezioni, l’informazione reale resta a valle, al generale arriva quella virtuale, il famoso “numero”. In nome del quale vengono immolati molti evasori virtuali.”

Per ulteriori informazioni ci può contattare ai riferimenti tel. +390432/501768, +390434/1774843, e/o fax +390432/25126.

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